venerdì 11 novembre 2011

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PROBLEMA
Un giorno dell'anno scorso passavo per Piazzale Lodi in una giornata di pioggia quando mi sono imbattuto in questo manifesto CARPISA. Avendo visto tante volte questo nome in aeroporto e sapevo che vendeva borse e valigie, ma questa volta le vendeva mettendo una donna in posizione ginecologica e, se non bastasse, con una variante inquietante: la donna aveva ai piedi un paio di tacchi altissimi e scarpe da sera, non certo da visita medica. Ho pensato che non era una bella maniera di ricordare a tante donne, soprattutto giovani come quella modella, il disagio delle visite ginecologiche.
SOLUZIONE
Quando è stato il momento di comprare una nuova valigia non ho scelto CARPISA. Ne ho presa una non ginecologica. Il mondo è pieno di valigie. 

7 commenti:

  1. Per andare dal ginecologo ho ancora tempo. Meglio che non ci siano valige a ricordarmelo. ;-)

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  2. Mi dispiace non aver visto prima questa pubblicità: ho preso di recente due cappelli da Carpisa. Comunque dati i prodotti, per il futuro, non sarà un sacrificio rinunciare ad acquistarli.

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  3. Sinceramente sono un po' in dubbio su questo blog. Da un lato concordo sul fatto che la pubblicità che si basa esclusivamente sul corpo femminile sia di cattivo gusto oltre ad essere sintomo di ben poca creatività da parte di chi la realizza. Sicuramente nella pubblicità come in altri campi si trasmette l'idea che la donna debbe essere semplicemente bella e che il suo unico scopo sia quello di apparire. Detto questo trovo alcune allusioni erotiche presenti nei suoi post piuttosto esagerate: il vedere ovunque allusioni sessuali non sarà mica, di fatto, un essere molto più influenzati dalla società contemporanea di quanto non sia non vederle?
    Si vede il sesso d'appertutto, ma forse è per come si guardano le cose. La pubblicità della Carpisa richiama una visita ginecologica? A me per niente e penso di aver fatto quest'esperienza direttamente, al contrario di lei.
    Non è trovando allussioni ovunque, a mio parere, che si aiutano le donne. Vedere tutto con malizia e, di fatto, spingere gli altri a farlo, a mio parere è uno macchiare ogni cosa, un rendere sgradevole anche i gesti più quotidiani.
    La pubblicità malata di cui parla mette allusioni sessuali ovunque? Ma non parla il suo stesso linguaggio la gente che vede ossessivamente queste allusioni? Un bambino che guarda questa pubblicità non vi vede altro che una buffa signora e se la scuola e la famiglia gli hanno insegnato ad avere senso critico ed autonomia di giudizio quella buffa signora non avrà conseguenze nel modo di pensare e di agire.
    La pubblicità così come le altre forme di comunicazione sono solo un prodotto, una manifestazione esteriore di qualcos altro e si inseriscono con coerenza in un tipo di società. Bisogna recuperare i valori, ma secondo me partendo da altri livelli.

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  4. Cara Chiara. Anch'io sono un po' in dubbio su questo blog (almeno che tu non intendessi dire questo "post", ma fa lo stesso). Il dubbio nasce dal fatto di affidare a parole ed immagini un'opinione in forma sintetica mentre avrebbe bisogno di essere spiegata e discussa molto più a lungo. la sola cosa che le posso confermare è che ci troviamo di fronte a grosso un problema di comunicazione che, nel bene e nel male, riguarda tutti nel momento in cui offre a tutti l'occasione di scrivere qualsiasi cosa e di farsi leggere. Il problema a cui mi riferisco non è la pubblicità, ma internet. Una meravigliosa rete dove tutti possono accedere e esprimersi. Cosa meravigliosa che non dovrebbe però impedire alle persone che leggono di documentarsi un po' su chi scrive per evitare di scambiare tutte le cose che si leggono per espressioni personali di buon senso e di pensiero autonomo. Io ho cominciato a scrivere questo blog dopo aver intervistato per vent'anni migliaia e migliaia di persone su questo tema della violenza sulla donna in pubblicità e parlo di cose che conosco bene e che rappresentano anche un sentire comune e non solo mio personale (cosa che comunque rivendico). Questo suo approccio che mi permetto di definire serenamente frettoloso si deduce dal fatto che lei, una donna, cerchi di mettere me, un uomo, in difficoltà perché non sono mai andato da un ginecologo. E' vero, non ci sono mai andato. Ma secondo lei occorre andare dal ginecologo per riconoscere una posizione da visita ginecologica, o simile? E che dire delle altre donne che hanno commentato questa pubblicità su questo blog e altrove senza trovarci niente di strano nella mia ricostruzione? sono tutte ossessionate dal sesso? Se lei mi conoscesse personalmente saprebbe che non ho alcuna ossessione di vedere sesso dovunque, ma mi limito a studiare l'iconografia delle immagini pubblicitarie con occhio scientifico, da ricercatore, cosa che sono realmente. Mi piacerebbe poi sapere in che mondo ha la fortuna di vivere, con bambini (e presuppongo anche bambine) che vengono educate dalla famiglia e dalla scuola ad avere un senso critico verso immagini che, le assicuro, molte persone adulte faticano a riconoscere come portatrici di messaggi violenti. Resta anche a me un dubbio: lei di mestiere si occupa di pubblicità per caso? Attendo sue. Ico

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  5. Mi chiede sinceramente perchè a chiunque le opponga una critica per quanto educata e costruttiva lei chieda se si occupa di pubblicità come se non pensasse che persone al di fuori da interessi economici personali potessero avere un pensiero divergente dal suo. Le risponde in ordine.
    Innanzitutto ho letto ben prima di scrivere il commento dei suoi studi e delle sue ricerche sul tema che non metto in dubbio. Le ripeto che non sono contraria affatto ad un'analisi e ad una critica dello strumento pubblicitario che però, come ogni altra forma di comunicazione, non vive di per sè ma ha bisogno di un soggetto attivo che vi interagisca per assumere un senso.
    Secondariamente io non ho minimamente cercato di metterla in difficoltà parlando di ginecologia, ma ho soltanto portato un esempio di come, forse, certe immagini possono richiamare luoghi comuni maliziosi in chi li vuole vedere, che poi possono essere confutati dalla semplice esperienza. Ovviamente si tratta di una scelta. Lei sceglie di vederci una donna dal ginecologo a mio parere diffondendo uno sguardo, ripeto, malizioso ed inutilmente imbruttente. Io penso che in quella posizione ho visto tante donne in spiaggia, o mi ci sono tante volte trovata stiracchiandomi la mattina. Credo che vedere ovunque un messaggio negativo, perverso, macchiato non sia la soluzione. E credo al contrario che chi riconosce tutti questi messaggi subliminali, in fondo, si trovi immerso più di quello che crede all'interno della stessa logica culturale. Non sono abituata ad essere esposta alla pubblicità in maniera passiva, sono solita apportare critiche di forma e di contenuto e ribadisco il dispiacere per il fatto che una forma di comunicazione tanto potente e potenzialmente creativa si riduca spesso ad essere la sagra del cattivo gusto. Ma di li a vedere fellatio in ogni bottiglia, panino o gelato ce ne passa. Come le ho già detto credo che siano i valori sottostanti e caratteristici della società in cui viviamo a dover essere messi in discussione. Valori che si rispecchiano poi nei libri, nelle riviste, nelle trasmissioni televisive, nella moda. Ah si, anche nella pubblicità. La pubblicità è la manifestazione di un sentire comune e lo è tanto di più perchè se non rispecchiasse un sentire comune non potrebbe rispondere al suo scopo. E sottolineo un altra cosa: io non sono una modella, ma conosco ragazze che lo sono e che vogliono esserlo. E che, da sole, riescono nelle loro foto ad essere più allusive di una pubblicità. D adove deriva questo atteggiamento? Una persona può rifiutarsi di posare in un certo atteggiamento, ma spesso non lo fa. Da qui appare evidente come la pubblicità sia la manifestazione, non la causa, di un fenomeno ben più profondo.
    Per quanto riguarda l'educazione di bambini e bambine premetto che l'educazione al senso critico non significa riconoscere per forza nelle pubblicità dei messaggi violenti o sessisti. Cosa che, a mio parere, significa sporcare il loro sguardo sul mondo, trasmettendo un dannoso sospetto che ci sia il marcio dietro ad ogni cosa e che sia necessario guardare a tutto con sospetto. Educare al senso critico significa insegnare ai bambini ad usare la loro testa, a coltivare pensieri propri, ad avere il coraggio di andare controcorrente se necessario, se lo si ritiene opportuno. Vuol dire insegnare che ogni libro, film, pubblicità, programma sono solo opinioni, punti di vista, visioni parziali della realtà.

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  6. Vuol dire farli diventare costruttori attivi della loro conoscenza in modo da farli crescere in maniera autonoma, senza pensare che ci sia una fonte di sapere assoluto da ricercare, ma con la consapevolezza che il sapere si costruisce attraverso un atteggiamento di ricerca, osservazione e riflessione da soli ed in gruppo. I bambini di cui parlo, e sono molti di più di quelli che si possa pensare anche se mai abbastanza, avranno raggiunto l'obbiettivo non se saranno in grado di vedere un pene o una prostituta nascosti dietro a delle immagini pubblicitarie, ma se sapranno approcciarsi a qualsiasi linguaggio in modo da riconoscerne la parzialità.
    A me non interessa vedere messaggi sessuali nelle pubblicità, mi interessa usare il cervello per non farmi abbindolare dalla loro creazione di un desiderio di acquisto, mi interessa di più interrogarmi sul perchè ci sia bisogno di modelle nude per vendere un prodotto, piuttosto.
    Riguardo alle signore che commentano i suoi post con "devozione", non facendo altro che ripetere le sue parole e seguire quanto lei dice senza metterci niente di personale, senza nessuna riflessione apparente, ma lasciandosi convincere semplicemente da un discorso ben formulato (indipendentemente dalla sua fondatezza scentifica) beh direi che sono la prova di come la pubblicità non sia il problema, ma piuttosto di come gli atteggaimenti delle persone siano il problema. Gentile Signor Ico, non vede in questo atteggiamento, quella passività dilagante che fa sì che ci si adatti a seguire un'opinione senza compierci soprà una riflessione ed un percorso personale? Io sono abituata a non prendere niente come oro colato.
    Ed è questo che insegno ai miei bambini, perchè no, non sono affatto una pubblicitaria, ma un'insegnante.

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  7. Gentile Chiara, dalla tua descrizione emerge un quadro di me che terrò certamente in considerazione anche se non ti nascondo che mi fa male. Esporsi con un blog, tuttavia, ha questo prezzo e lo pago senza protestare. Lasciando perdere i contenuti specifici legati alla pubblicità, sulla quale hai le tue idee che lascerei tranquillamente divergere dalle mie, come si conviene in libertà, volevo soltanto dirti la cosa mi ha colpito di più: la tua mancanza di benevolenza. Nei miei confronti, nei confronti di queste "donne devote", nei confronti delle migliaia di persone che in questi 20 anni hanno condiviso con me questo lavoro, nel confronti di attuali ministri (Emma Bonino mi premiò come migliore artista italiano impegnatosi ne lampo della lotta alla violenza di genere nel 2010), presidenti di regioni, sindaci, assessori e amministratori pubblici che hanno ospitato 20 edizioni della mia mostra, delle migliaia di studenti di tutta Italia con cui lavoro da anni proprio sul disvelamento delle immagini nascoste, delle centinaia di lettori del mio libro che mai hanno detto le cose che mi hai detto tu. Una base statisticamente immensa che non uso per azzerare il tuo pensiero individuale, ma anzi, per rendergli onore. Dovrò fare sempre più attenzione nelle analisi per evitare che anche una sola delle persone che leggono siano indotte a pensare che io sia perseguitato da queste manie del sesso. Ci proverò. Grazie.

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