A distanza di oltre un anno torno a scrivere per questo blog e contemporaneamente per la rubrica Le palafitte del blog delle Donne della realtà di Paola Ciccioli. Cosa aspettavo? Forse che potessi smettere di farlo. Sono però accadute alcune cose che mi hanno spinto a riaprire la pagina. Ne nomino almeno tre in ordine sparso, così come vengono a galla.
È successo che ho visto la faccia e ho sentito la voce del non-mio presidente della Regione Lombardia signor maroni che ha proclamato trionfante una giunta di metà donne e metà uomini. La mistificazione della realtà e la truffa sulle idee in questo caso mi hanno nauseato, schifato. Non mi sono mai fatto impressionare dalle parole e ho sempre ricordato le storie di quelli che le pronunciavano, utilizzandole come un traduttore automatico. Allora le vomito sulla sua faccia queste menzogne. Il suo maschilismo e la comprovata arretratezza culturale non si lavano al mercato delle bugie. Non per me. Un'idea che non avevo comunque mai caldeggiato, quella della rappresentanza pari nel genere a prescindere dalle persone, finisce adesso addirittura nelle mani di chi gioca nel campo avverso. Che tuoni scuotono la mia terra.
Poi è successo che ho visto sciogliersi nell'inefficienza e nella vacuità il tavolo del comune di Milano convocato sporadicamente sulla pubblicità sessista. Un'esperienza inutile, gestita male, piena di niente, dalla quale ora mi dissocio pubblicamente. Quella che poteva essere una svolta è rimasta una curva, davanti a una strada senza sbocco. Punto e a capo. Suggerirei almeno di pronunciare un discreto Tutte a casa.
Poi è successo che la lotta sulla pubblicità sessista – nonostante lo schifo cui siamo arrivati – non ha fatto un passo avanti e le strade di questa cazzo di città sono ancora sporche di cartaccia colorata di violenza e di sesso a bassa intensità morale. E in questo immutabile sistema le aziende continuano la loro camminata a testa alta sulle nostre di teste e continuano a rifiutare il confronto.
È con questo retroterra di pensieri non certo sereni che mi sono rimesso a fare interviste alle aziende che costruiscono pagine di violenza e ne pubblico una, relativa alla campagna riprodotta in alto e sottoposta al responsabile marketing della TUCANO, rimasta senza risposta perché "dopo aver letto l'intervista ed averla condivisa in azienda con altri interessati le confermo che preferiamo non prestarci a nessuna intervista né scritta né orale" Non sapevo che alle interviste ci si prestasse. Magari si potrebbe rispondere. Eccola:
Domande poste l'8 marzo 2013
- In
merito ai cartelloni stradali di recente apparsi a Milano (da me osservati
in metropolitana) per la vostra campagna TECH IN COLOR vorrei chiederle
innanzitutto perché avete deciso di utilizzare singolarmente una figura femminile
e poi una maschile in un contesto non ambientato.
- Perché
avete “tagliato” le teste alle due figure?
- Perché
le avete “tagliate” in maniera differenziata, lasciando parte del naso
all'uomo mentre alla donna rimane solo la bocca?
- Perché
la bocca dell'uomo è chiusa e quella della donna aperta?
- Perché
la donna sembra rivolta a noi mentre l’uomo avanza con fare sicuro senza
guardarci?
- Perché
la donna ha una minigonna così esagerata?
- Perché
alla donna è chiesto di assumere una posizione del corpo tale da mettere
esageratamente in mostra il sedere, mentre all'uomo è stato coperto il sedere
con il prodotto?
- Perché
all'uomo è chiesto di portare una borsa con PC che ci appare più pesante mentre
alla donna è affidato un I-pad più leggero?
- Perché
la donna si limita a reggere/esporre il prodotto in maniera piuttosto innaturale
mentre l’uomo è rappresentato come attivo, nell’atto di svolgere una funzione
credibile (guardare il suo cellulare e correre/camminare con decisione)?
- Perché
la marca è inserita in quel punto in basso a destra in cui, nella versione
femminile, viene a trovarsi molto in prossimità del sedere e sulle gambe
della donna?
- Non
c'era un altro posto dove inserire la marca?
- Perché
i colori di sfondo della donna sono più accesi e quelli dell’uomo più
tenui?
- Perché
le calze e il maglione della donna riprendono i colori dello sfondo?
- Questa
campagna nasce da un'idea dell'azienda o dell’agenzia incaricata oppure da
una condivisione e in che percentuale grosso modo è stata decisa l’idea
guida di utilizzare in questo modo l’immagine della donna?
- Quante
persone hanno partecipato a questo progetto a vario titolo?
- C’è
qualche funzione nell’azienda che ha voluto fortemente questo tipo di
messaggio?
- Ci
sono state all’interno dell’azienda voci discordanti sull’uso di questo
tipo di immagine della donna?
- Avete
ricevuto finora lamentele in proposito?
- Che
cosa farebbe l'azienda se pervenissero delle proteste di cittadine/i e
consumatori/trici sui contenuti di questa campagna ritenuta eventualmente
discriminanti nei confronti delle donne?
- Che
cosa farebbe l’azienda nel caso in cui alcuni clienti decidessero di
sospendere gli acquisti dei vostri prodotti dopo aver visto questa pubblicità,
in attesa di campagne più rispettose?
- Ritirereste
la pubblicità?
- Scrivereste
un comunicato in proposito?
- Per
il futuro continuerete a seguire una linea differenziata per genere e
penalizzante nei confronti della donna come a noi appare questa TECH IN
COLOR?
- L’azienda
è al corrente che in Italia è sempre più forte il movimento di opinione
che chiede un trattamento più rispettoso dell’immagine della donna in
pubblicità e nei media?
- Siete
d’accordo?
- Non
trova/te che la versione femminile (anche da sola ma ancora più se paragonata
a quella maschile) di questa campagna vada in direzione contraria a queste
aspettative del pubblico e dei/lle consumatori/trici?
26/3/13