martedì 26 marzo 2013

Un anno dopo la penna è ancora lì

A distanza di oltre un anno torno a scrivere per questo blog e contemporaneamente per la rubrica Le palafitte del blog delle Donne della realtà di Paola Ciccioli. Cosa aspettavo? Forse che potessi smettere di farlo. Sono però accadute alcune cose che mi hanno spinto a riaprire la pagina. Ne nomino almeno tre in ordine sparso, così come vengono a galla. 
È successo che ho visto la faccia e ho sentito la voce del non-mio presidente della Regione Lombardia signor maroni che ha proclamato trionfante una giunta di metà donne e metà uomini. La mistificazione della realtà e la truffa sulle idee in questo caso mi hanno nauseato, schifato. Non mi sono mai fatto impressionare dalle parole e ho sempre ricordato le storie di quelli che le pronunciavano, utilizzandole come un traduttore automatico. Allora le vomito sulla sua faccia queste menzogne. Il suo maschilismo e la comprovata arretratezza culturale non si lavano al mercato delle bugie. Non per me. Un'idea che non avevo comunque mai caldeggiato, quella della rappresentanza pari nel genere a prescindere dalle persone, finisce adesso addirittura nelle mani di chi gioca nel campo avverso. Che tuoni scuotono la mia terra.
Poi è successo che ho visto sciogliersi nell'inefficienza e nella vacuità il tavolo del comune di Milano convocato sporadicamente sulla pubblicità sessista. Un'esperienza inutile, gestita male, piena di niente, dalla quale ora mi dissocio pubblicamente. Quella che poteva essere una svolta è rimasta una curva, davanti a una strada senza sbocco. Punto e a capo. Suggerirei almeno di pronunciare un discreto Tutte a casa
Poi è successo che la lotta sulla pubblicità sessista – nonostante lo schifo cui siamo arrivati – non ha fatto un passo avanti e le strade di questa cazzo di città sono ancora sporche di cartaccia colorata di violenza e di sesso a bassa intensità morale. E in questo immutabile sistema le aziende continuano la loro camminata a testa alta sulle nostre di teste e continuano a rifiutare il confronto.
È con questo retroterra di pensieri non certo sereni che mi sono rimesso a fare interviste alle aziende che costruiscono pagine di violenza e ne pubblico una, relativa alla campagna riprodotta in alto e sottoposta al responsabile marketing della TUCANO, rimasta senza risposta perché "dopo aver letto l'intervista ed averla condivisa in azienda con altri interessati le confermo che preferiamo non prestarci a nessuna intervista né scritta né orale" Non sapevo che alle interviste ci si prestasse. Magari si potrebbe rispondere. Eccola:

Domande poste l'8 marzo 2013

  1. In merito ai cartelloni stradali di recente apparsi a Milano (da me osservati in metropolitana) per la vostra campagna TECH IN COLOR vorrei chiederle innanzitutto perché avete deciso di utilizzare singolarmente una figura femminile e poi una maschile in un contesto non ambientato.
  2. Perché avete “tagliato” le teste alle due figure?
  3. Perché le avete “tagliate” in maniera differenziata, lasciando parte del naso all'uomo mentre alla donna rimane solo la bocca?
  4. Perché la bocca dell'uomo è chiusa e quella della donna aperta?
  5. Perché la donna sembra rivolta a noi mentre l’uomo avanza con fare sicuro senza guardarci?
  6. Perché la donna ha una minigonna così esagerata?
  7. Perché alla donna è chiesto di assumere una posizione del corpo tale da mettere esageratamente in mostra il sedere, mentre all'uomo è stato coperto il sedere con il prodotto?
  8. Perché all'uomo è chiesto di portare una borsa con PC che ci appare più pesante mentre alla donna è affidato un I-pad più leggero?
  9. Perché la donna si limita a reggere/esporre il prodotto in maniera piuttosto innaturale mentre l’uomo è rappresentato come attivo, nell’atto di svolgere una funzione credibile (guardare il suo cellulare e correre/camminare con decisione)?
  10. Perché la marca è inserita in quel punto in basso a destra in cui, nella versione femminile, viene a trovarsi molto in prossimità del sedere e sulle gambe della donna?
  11. Non c'era un altro posto dove inserire la marca?
  12. Perché i colori di sfondo della donna sono più accesi e quelli dell’uomo più tenui?
  13. Perché le calze e il maglione della donna riprendono i colori dello sfondo?
  14. Questa campagna nasce da un'idea dell'azienda o dell’agenzia incaricata oppure da una condivisione e in che percentuale grosso modo è stata decisa l’idea guida di utilizzare in questo modo l’immagine della donna?
  15. Quante persone hanno partecipato a questo progetto a vario titolo?
  16. C’è qualche funzione nell’azienda che ha voluto fortemente questo tipo di messaggio?
  17. Ci sono state all’interno dell’azienda voci discordanti sull’uso di questo tipo di immagine della donna?
  18. Avete ricevuto finora lamentele in proposito?
  19. Che cosa farebbe l'azienda se pervenissero delle proteste di cittadine/i e consumatori/trici sui contenuti di questa campagna ritenuta eventualmente discriminanti nei confronti delle donne?
  20. Che cosa farebbe l’azienda nel caso in cui alcuni clienti decidessero di sospendere gli acquisti dei vostri prodotti dopo aver visto questa pubblicità, in attesa di campagne più rispettose?
  21. Ritirereste la pubblicità?
  22. Scrivereste un comunicato in proposito?
  23. Per il futuro continuerete a seguire una linea differenziata per genere e penalizzante nei confronti della donna come a noi appare questa TECH IN COLOR?
  24. L’azienda è al corrente che in Italia è sempre più forte il movimento di opinione che chiede un trattamento più rispettoso dell’immagine della donna in pubblicità e nei media?
  25. Siete d’accordo?
  26. Non trova/te che la versione femminile (anche da sola ma ancora più se paragonata a quella maschile) di questa campagna vada in direzione contraria a queste aspettative del pubblico e dei/lle consumatori/trici?

  26/3/13