sabato 21 giugno 2014

Un successo a occhi chiusi.

Un successo?
Sicuramente sì! È una cosa notevole di plauso quello che in questi ultimi 15 giorni è succeso a Milano: finalmente alcune persone investite di poteri istituzionali hanno raccolto e amplificato le richieste di una piccolissima parte della cittadinanza per fare qualcosa almeno contro una delle tante pubblicità che continuano REGOLARMENTE ad essere affisse nella nostra città e nelle altre. Dopo numerosi giorni di esposizione quella prima campagna (oggetto di censura perchè assai facile da decifrare grazie alla sua sfacciataggine sessista, affidata a quello che ipocritamente chiamiamo "fondoschiena") è stata sostituita da un'altra evidentemente già pronta che abbiamo visto trionfare a partire da ieri. Ma questo secondo passo segna davvero un successo? Il silenzio o, in certe interviste, addirittura l'enfasi con cui è stata annunciata la sostituzione sono un bel segno? Secondo me no, tristemente. Questa seconda campagna appartiene a tutti gli effetti a quelle che avrei fotografato all'epoca del mio lavoro di raccolta sistematica (1990-2010) di pubblicità che hanno lastricato la strada della cultura della violenza sulla donna. Strada fatta di pavimenti scivolosi assai e di letture difficili da improvvisare. Questa, a giudicare dal silenzio di quante hanno parlato prima, sarebbe una buona campagna, non va rimossa, non va fatta nessuna telefonata all'ATM, e nemmeno all'istituto privato IAP e nemmeno all'azienda. Tuttavia, la bibliografia non manca finalmente anche in Italia per studiare i segni del sessismo nella comunicazione pubblicitaria e non dovrebbe essere difficile decodificare l'associazione impropria anche di questa figura intera che ha sostituito il pezzo di carne con il prodotto. Chiara Volpato ci ha magistralmente insegnato che esistono varie forme di sessismo e le migliasia di persone che io ho conosciuto in questi venticinque anni di lavoro sul campo me lo hanno confermato: a prima vista molti dei messaggi sessisti non sono facili da individuare, da smascherare. I contenuti sessisti sono nascosti sotto stereotipi ormai accettati dalla società, cui non facciamo più caso. Ma per le nuove istituzioni della politica che tambureggiano il successo è giusto restare alla "prima vista"? Non sarebbe il caso di alzare l'asticella della lotta culturale passando dal "sedere di facile lettura" allo stereotipo più micidiale perchè subdolo della bionda che ci guarda distesa sul pavimento? Io credo di sì. Questo sarebbe un successo culturale di più ampia portata e potrebbe coinvolgere anche quella moltitudine di cittadini e cittadine silenziose che passando davanti al sedere censurato non avevano provato alcun fastidio. Anzi!

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