martedì 24 settembre 2013

COCONUDA: ma mi faccia il piacere!

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Oggi 24 settembre 2013

Oggi 24 settembre 2013
Come già preannunciato in questo blog, si sta allargando rapidamente, molto rapidamente, il gruppo dei/delle professionisti/e dell'antiviolenza sulla donna. Imprenditori che per anni, a capo di importanti aziende della moda, hanno diffuso milioni di metri quadrati di pubblicità violente, oggi si risciacquano in fretta e furia e improvvisano campagne che sembrano dirette addirittura contro il loro stesso passato. Nuove campagne e dichiarazioni spontanee contro la violenza sulla donna subentrano con disinvoltura ad anni di cultura e di campagne sessiste. 

Certo, per sostenere questa mia affermazione occorre credere e voler ammettere che la cultura della violenza sulla donna, somministrata a intere generazioni di maschi e di femmine anche dalla pubblicità stradale violenta, abbia qualcosa a che vedere con le donne femminicidiate. Ma si tratta di collegamenti scomodi. Molto scomodi.

Allora io dedico un po' del mio tempo a scrivere queste rapide memorie, utilizzando documenti raccolti in tempi non sospetti, tempi in cui questo tema non era ancora così di moda, offrendo ai committenti un motivo – speriamo – di riflessione e alle future relatrici di conferenze comunali testi pronti da copiare e incollare. Anche senza citare la fonte, va bene lo stesso.


In questa campagna COCONUDA di oggi, dall'iconografia molto complessa, forse irrisolvibile, compaiono elementi usuali, come il pianto di una donna forse maltrattata (pianto che viene lasciato intuire dal trucco nero che cola), accanto a elementi equivoci come la coroncina sulla testa che non è volata via in una presumibile lite (?) generatrice del pianto, e un seno procace che spunta da una camicetta aperta ma non lacerata. 
Le due figure della donna senza gonna e dell'uomo in jeans strappati alla moda sono sedute per terra e non sembrano aver litigato tra di loro. L'uomo appoggiato al muro – che dalla scritta in basso Fabio Coconuda capiamo essere l'imprenditore – si schiera dalla parte dei buoni e ci presenta, piccola ma chiara, la scritta BASTA nel palmo della mano sinistra. 
La donna ci viene mostrata in primo piano con un'aria triste ma non drammatica; l'uomo lì presente non appare, tuttavia, come il suo maltrattante. Almeno non dal punto di vista iconografico. Un'altra raffinata – e vogliamo sperare involontaria – violenza nella rappresentazione di genere. 

Et cetera...   

Che dire al signor Fabio? 
- che la lotta alla violenza è una cosa seria, terribilmente difficile e di lunga, lunghissima, durata;
- che la stessa testimonial Tatangelo era già stata vista mesi fa in una campagna nello stesso identico spazio della metropolitana milanese (vedi le due foto sopra), con il pube generosamente in vista e che forse era meglio cambiare, se proprio ci doveva essere una bellissima donna da mostrare contro la violenza;
- che negli anni scorsi avevo già fotografato altre campagne della sua azienda e le avevo inserite senza sforzo nella mia ricerca sui maestri del lupo cattivo: non erano proprio capolavori dell'antiviolenza;
- che tra queste campagne spiccava quella geniale invenzione del 2011 con l'incredibile marchio COCONUDINA, timido anticipatore delle sempre più numerose e anch'esse preannunciate campagne con bambine al posto delle adolescenti e delle donne adulte, della quale non ci deve sfuggire il doppio micidiale gioco di parole;
- che le campagne sociali le devono fare i ministeri (Nolita/anoressia docet);
- che siamo contenti, molto contenti, se gli imprenditori si ravvedono e vogliono fare campagne sociali, ma devono studiare meglio le regole della comunicazione, almeno quelle basilari, e bilanciare, ad esempio, la grandezza e l'impatto dei testi. 
- che un imprenditore davvero animato da un desiderio di riscatto sociale deve mettere piccolo piccolo il nome della sua azienda, oppure toglierlo del tutto, e mettere grande grande lo slogan contro la violenza;

OGGI 24 settembre 2013

- che nella campagna in oggetto avviene l'esatto contrario di quanto detto (vedi foto sopra, in cui compare anche il cartello stradale del bambino con la cartella grande che porta a scuola la sorellina con la cartella piccola!!! Anche qui questione di pesi di genere);
- che, concludendo, in mancanza di quella che a mio avviso dovrebbe essere una minima e necessaria dose di credibilità, mi viene spontaneo rivolgerle la celebre frase di Totò: ma mi faccia il piacere!!!  

Ico Gasparri
24 settembre 2013

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