domenica 1 dicembre 2013

Dedicato alla Casa delle Donne di Jesi. Sportello antiviolenza. 29 novembre 2013

Foto: © Ico Gasparri 2009
Testo: © Ico Gasparri 2013


e quando ci chiese di alzarci...
quando chiese di alzarsi a tutte quelle di noi che nella propria vita avessero subito – in quanto donne – una qualche forma di violenza, di sopruso, di maltrattamento fisico o psicologico, economico, qualche discriminazione in casa, sul lavoro, nel mondo degli altri, davanti agli altri o nel chiuso della propria casa o nel recinto segreto delle nostre lenzuola... le luci si abbasarono (le luci si abbassano in sala).
Cominciai a volgere lo sguardo intorno a me senza voltare la testa; guardavo basso quelle due o tre sedute accanto a me, poi un po' più in là, finchè lo sguardo della testa-senza-rotazione poteva arrivare.
Poi guardai me.
Guardai le mie mani, le mie gambe e cominciai a pensare a me, alla mia storia. 
Andai indietro alla ricerca di qualcosa che magari mi riguardava. Andai alla ricerca di ricordi ghiacciati e cominciai ad aprire i cassetti dei miei ricordi. Percepivo – con la testa sempre più incassata nel collo – che anche le altre stavano scavando come me e mi chiedevo con terrore cosa avessero scoperto loro nel ghiaccio dei ricordi. 
Tiravio via lo sguardo quando inciampavo in qualcosa che mi bruciava, ma sentivo e rivedevo senza guardarli distintamente molti, troppi, episodi che mi avrebbero dovuto far alzare.
E mentre pensavo così...
E mentre pensavo così, sentii dietro di me una donna alzarsi, facendo un piccolo rumore con la sedia e con il cappotto che le cadeva. Non trovai la forza di voltarmi e mi domandavo chi fosse, che ricordi avesse trovato nei suoi cassetti di bambina, di ragazza o di donna.
E mentre pensavo così...
E mentre pansavo così, si alzarono allo stesso tempo due donne più avanti di me, una a destra e una a sinistra. Nella penombra vedevo bene le loro sagone e riconobbi Margherita, una mia amica del liceo che sedeva due file davanti a me. Mi fece male vederla in piedi. Non sapevo, non immaginavo perché.
Sentivo altri fruscii, altre poltrone chiudersi e cappotti buttati giù. 
E io restavo seduta, con le gambe ormai di cemento pesante.
Restavo seduta guardando indietro come alla vita di un'altra.
Fui tra le ultime ad alzarmi, senza nemmeno che i ricordi vicini o lontani si fossero messi tutti correttamente a fuoco. Non ne avevo bisogno: quel ghiaccio mi diceva che le gambe pesanti dovevano muoversi.
In piedi, nel silenzio, la mia vicina, in piedi anche lei, mi strinse la mano che avevo appoggiato alla poltrona davanti a me per tenermi dritta.
Mi voltai un poco a guardarla, quel poco che mi consentì di vedere la mano del suo compagno, in piedi anche lui, stringersi alla sua, appoggiata alla poltrona davanti a loro. Vuota. Con una donna in piedi.


Per le donne della Casa delle Donne di Jesi. 
Sportello antiviolenza. 
Chiama il 366 48 18 366.


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